Federvini, export + 6,6% ma resta l’allarme prezzi

Federvini, export + 6,6% ma resta l’allarme prezzi

Il comparto vitivinicolo è certamente uno dei settori più dinamici e innovativi del sistema economico italiano, ha mostrato di fronteggiare la difficile congiuntura economica con produzioni di qualità e una costante ricerca di nuovi mercati di sbocco. Ma occorrono continui sforzi per far fronte a una concorrenza sempre più agguerrita di quei Paesi finora rimasti ai margini del grande commercio internazionale.
L’intero comparto a livello di filiera allargata ha raggiunto un valore complessivo di 50 miliardi di euro, con oltre 340mila imprese coinvolte per 1,2 milioni di occupati. “La dimensione industriale di questo settore – ricorda Lamberto Vallarino Gancia, presidente di Federvini, in occasione dell’inaugurazione della 47° edizione del Vinitaly – è il successo di politiche e investimenti culturali e di know how che hanno permesso di riscoprire molte tradizioni vitivinicole italiane che nei decenni si erano perdute”.
La sfida si gioca sempre più sui mercati esteri dato che in Italia domanda e produzione sono costantemente in contrazione. Secondo i dati Federvini, la produzione ridotta della campagna 2012, con 39,3 milioni di hl, ha influito sul mercato dei prezzi che si è dovuto confrontare, da una parte, con la flessione della domanda interna e, dall’altra, con una lieve riduzione a volume della domanda estera. Nel 2012 i prezzi medi all’origine e i prezzi medi alla produzione hanno registrato tendenze al rialzo. Nell’ultimo trimestre 2012, i prezzi alla produzione dei vini comuni sono cresciuti del 23%, mentre i vini a denominazione del 9%. I prezzi al consumo hanno registrato un lieve incremento: per gli spumanti la variazione si è mantenuta entro l’1%, mentre per i vini si è assestata sul 5 per cento.
L’export 2012 ha raggiunto i 4,8 miliardi di euro (+6,6% sullo stesso periodo 2011).
Il comparto più brillante è stato quello degli spumanti, che ha toccato nel periodo quota 601 milioni, con un +11,98%. Debole il trend dei vini bianchi dop (< 15°), che ha toccato quota 434 milioni, con un +0,51%. Tonico quello dei dop rossi e rosati (<15°), che ha raggiunto quota 1.337 milioni, con un +6,8%. Sul fronte igp la tendenza è stata opposta. I bianchi (<15°) hanno raggiunto quota 572 milioni (+11,2%), mentre i rossi e rosati (<15°) hanno toccato quota 703 milioni, con un trend inferiore (+3,4%). Soddisfazione anche per il trend dei vini aromatizzati, con una quota nel periodo di 172 milioni (+11,5%). A volume, l’export di vini nel periodo ha toccato complessivamente quota 23.700 mila ettolitri, con un calo del -8,2% sullo stesso periodo 2011. “A livello geografico - spiega Vallarino Gancia - occorrono politiche più mirate e aggressive. Siamo rimasti molto sorpresi, nonostante i drammatici eventi che hanno colpito il Giappone nel 2011, di come lo scorso anno l’export italiano sia cresciuto in modo molto rilevante. Così come la quota del Canada è stata molto significativa. Per il futuro il nostro sforzo deve privilegiare, per ragioni diverse, il mercato cinese (nel 2011 a quota 67 milioni di euro di import italiano) e quello del Brasile. Qui occorrono interventi e politiche molto mirate oltre che avvertenze e strategie giuridicamente sicure per sfruttare le enormi opportunità che la grande distribuzione può offrire. Nel mercato cinese, abbiamo riscontrato numerose difficoltà non solo di accesso al sito dove bisognava registrarsi ma anche di compilazione dei dati richiesti, alla luce del fatto che, dopo molto tempo dall’entrata in vigore della normativa, sono state diffuse istruzioni tradotte in lingua inglese. Un aspetto che desta preoccupazione riguarda i limiti di metanolo applicati e che non sono in linea con quelli previsti dalla normativa europea: il limite cinese applicato alle bevande spiritose è inferiore a 2,0 g/l, mentre in Europa il tenore massimo di metanolo è pari a 10 g/l di alcol a 100% vol. per la grappa ed è proprio questo prodotto a risentirne maggiormente”. Nel 2012 le esportazioni a volume hanno interessato prevalentemente il mercato tedesco (6,3 milioni di hl), Stati Uniti (3 milioni di hl), Canada (738mila hl), Giappone (447mila hl, nonostante il difficile periodo post terremoto) e Cina (326mila hl). “Quello cinese - sottolinea Gancia - resta il mercato più interessante e complesso, sia in ragione di alcune specifiche normative che discostano i nostri prodotti da quelli ammessi alla commercializzazione sia per le sue immense dimensioni e conseguenti problemi distributivi. Tuttavia occorre sensibilizzare le autorità nazionali e quelle europee affinché si avvii un positivo dialogo con le autorità cinesi per incrementare le nostre esportazioni. Il prodotto alcolico e vitivinicolo italiano è una componente essenziale del made in Italy che la Cina sta dimostrando di apprezzare. Non possiamo perdere questa significativa opportunità sia per i gruppi nazionali più articolati sia per i singoli piccoli produttori italiani”. Quello cinese è un mercato in progressiva crescita con un consumo pro capite di vino pari di 1,3 litri a persona. Oggi si stima un livello di consumo pari a 150 milioni di casse. Il vino prodotto in Cina è pari al 83% dei volumi consumati, ma quelli importati crescono più velocemente, con tassi pari anche al 1000% anno su anno. Nel panorama nazionale, ci sono state oscillazioni a livello produttivo rispetto al 2011 nel Veneto e nel Friuli Venezia Giulia -15%, in Lombardia e Toscana –20%, in Piemonte –10%. La Sicilia però ha chiuso con +15% e la Sardegna ha mantenuto una posizione di equilibrio. Peraltro, anche la produzione mondiale di vino continua a calare, in seguito alla diminuzione di superficie vitata: complessivamente negli ultimi 10 anni si è passati da 280 milioni di hl a 265 milioni di hl.

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